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Questo libro indaga i profili civilistici della disciplina dedicata alla cessione del credito a scopo di adempimento. La figura è una species del più ampio genus denominato "cessione del credito solutoria", ossia il contratto col quale il debitore (cedente), per estinguere la propria obbligazione, trasferisce al creditore (cessionario) il diritto di credito vantato nei confronti di un terzo (debitore ceduto). L'analitica ricostruzione dello statuto giuridico trova un arduo ostacolo negli scarni dati normativi, poiché l'art. 1198 c.c. si limita a individuare il fatto estintivo dell'obbligazione originaria («la riscossione del credito»), a stabilire la derogabilità della norma («se non risulta una diversa volontà delle parti») e a far salvo quanto è disposto dal secondo comma dell'art. 1267 c.c. Il problema è acuito dalle diverse funzioni che la cessione si mostra capace di realizzare; nonché dal suo oggetto, siccome anche i crediti futuri sono suscettibili di essere ceduti a scopo di adempimento. In una prospettiva teleologica, sono sottoposte ad analisi critica le teorie sull'autonomia strutturale dell'obbligazione originaria rispetto al rapporto tra ceduto e cessionario. Il trasferimento del credito non sembra isolabile dal concreto assetto di interessi che le parti intendono perseguire: esso è una vicenda prodromica della più ampia funzione solutoria, la quale permea e colora la relazione trilatera tra cedente, cessionario e debitore ceduto. Si giunge per questa via a configurare un vincolo solidale tra l'alienante e il debitore ceduto, i quali sono tenuti nei confronti del cessionario per la medesima prestazione.